Nuova sezione dove archivio pensieri e riflessioni così come indicatomi dal medico. Quindi, non vi preoccupate o angosciate per me se leggerete delle mie follie o angosce. O al massimo gioite con me se ci saranno riflessioni felici o di buon umore.
Ma entriamo nella giornata, seguendo lo schema assegnatomi, affrontando Situazioni > Emozioni > Pensieri > Azione.
E' la solita monotona e fastidiosa giornata di lavoro, con i soliti alti e bassi e ghirigogoli stilistici. E troppe cose da fare, a volte senza senso. Forti le sensazioni di fastidio e agitazione, che mi condizionano fortemente sui miei impegni. Primo sintomo di quella sequenza che mi porta poi alla crisi di ansia. Ma cerco di mantenere un po' di autocontrollo. Come conseguenza causa/effetto, ecco che vien fuori un blocco mentale che mi impedisce di lavorare, riflettere o impegnarmi per alcune decine di minuti. con una paralisi lavorativa e forte difficoltà nel ripartire e nel concludere tutto quello che era stato avviato.
Qualche minuto, training, svuoto la mente e passa il blocco, anzi, per alcuni minuti, come un fiume in piena, riesco a riprendere al 100% la gestione del lavoro. Per poi scemare piano piano in attesa che giunga la sera.
Fattore comune che mi accompagna giorno per giorno da alcuni mesi.
E domattina si ricomincia. Vedremo che succederà.
Gli aggiornamenti ovviamente on Gionni's net board!
La giornata ancora non volge al termine, ma io sinceramente vorrei essere già due ore avanti. Probabilmente oggi ho già raggiunto il livello di saturazione, come ben evidenzia la mia gambetta in continuo movimento. Evvabbè!
Veniamo nel dettaglio con gli appuntini della giornata.
Una giornata al lavoro piena, con molte cose da sbrigare, anche personali. Convivo con una costante paura di sbagliare e un leggero fastidio per ogni osservazione o puntualizzazione negativa.
Il desiderio più grande e forse anche una tentazione inconscia in queste fasi, è quella di mollare tutto andare via e concentrarmi unicamente alle mie passioni. Rimane sempre però un mai sopito e velato desiderio di abbandonarsi veramente al nulla più assoluto. Conseguenza di tutto questo, un bel mal di testa. E tante cose da fare che si accumulano e devono essere affrontate.
A questa già tranquilla situazione, inseriamoci un errore sul lavoro. Consideriamolo errore, ma la sua valutazione può variare a seconda delle sfaccettature e dei punti di vista. Per me, personalmente, è soltanto la naturale conseguenza di una mancanza di comunicazione tra gli uffici. Ma l'arroganza di terze persone nell'affrontare la situazione, mi suscita rabbia, fastidio, una grande delusione interna legata a nervosismo e un po' di timore per chissà quali effetti possano scaturirne. Errare umanum est, ma a volte sembra che non si debba mai sbagliare. Io ho una intelligenza umana, quando verrò dotato anche di una artiiciale ne riparleremo. Questa situazione scatena in me una voglia, repressa, di reagire, di rispondere a tono esigendo rispetto per la persona oltre che per il collega. Invece nessuna azione, un vuoto mentale e un blocco nella volontà di agire che lasciano cadere così ogni sensazione ed emozione. Che rimangono comunque a covare al mio interno, ingenerandomi nervosimo e fastidio.
Sempre maggiore la voglia di andare a casa.
La giornata è composta da più situazioni e noi siamo pronti a viverle.
Riesco a portare a termine una prima fase di un lavoro ho preso sulle spalle da qualche mese e nel quale sto lavorando da solo. E' una mia piccola creatura e dopo averla fatta crescere, sapere che sta per iniziare a muovere i suoi primi passi, mi da soddisfazione, fiducia e voglia di proseguire lungo quel sentiero. Da condividere purtroppo con altre strade meno piacevoli.
Questa piccola nota positiva mi ridà un po' il sorriso, e mi ha permesso nel frattempo di portare a conclusione alcune piccole cose che mi ero lasciato arretrato. Le montagne da scalare stanno ancora qui davanti, e non credo che oggi affronterò grandi pareti. Al massimo mi porto avanti fino alla fase successiva.
Se nelle prossime due ore non arriva l'Apocalisse.
Forse ho tralasciato per un po' troppi giorni l'abitudine che avrei dovuto portare avanti... ed eccomi qua che mi ritrovo a dover fare un pastone che riassume sensazioni, pensieri e riflessioni di quasi tre settimane. Che soprattutto per uno come me, che sugge da ogni attimo di vita il massimo possibile, diventa quasi un'eternità.
A parte i due intermezzi per commentare il paradosso della follia umana e politica, non mi sono più concentrato su di me. O meglio, sulla mia psiche.
Ma ho dato tutto quello che riuscivo a dare, soprattutto in alcune cose che ultimamente mi stanno dando una nuova spinta e, come commentato su altri blog, una nuova luce. Nella perenne sfida tra testa e cuore.
Va bene, il preambolo è stato bello sostanzioso, lo so, ma credo che ora inizi l'interessante, soprattutto per chi vuole addentrarsi tra le mie follie, le mie pazzie, le mie paranoie e le mie passioni. Il tutto condito con un po' di quel sale e pepe della vita che non è altro che il desiderio di scoprire nuovi orizzonti.
Ripartiamo da dove eravamo rimasti. Non ero in formissima, anzi, mi sentivo come rinchiuso in una scatola di plexyglass, o peggio, nuovamente sul filo del rasoio. L'unica soluzione forse era, dietro consiglio, prendersi una positiva settimana di riposo. Si, riposo, lontano da ogni qualsiasi cosa arrecasse disagio, fastidio, stanchezza e uno strano e a volte irrefrenabile desiderio di menare qualcuno. Paradossale per me che non ho mai alzato le mani su nessuno.
Riposarmi quindi dedicandomi a me, ai miei progetti, ad un qualcosa di concreto da portare avanti, con quell'ottimismo e quella forza di volontà e d'animo che fa parte del mio carattere.
I primi giorni non sono stati facilissimi. Un fine settimana tra alti e bassi, improntato molto sul relax, sgombera la mente, voce al cuore. In compagnia di una briciola capace di sorprendermi ogni giorno di più. Vita della mia stessa vita. E nonostante tutto, un pesante contrasto tra felicità, gioia e apatia. Difficile da descrivere, ancor più difficile da vivere. Iniziamo la settimana di "riposo" cercando di programmare le giornate seguenti. Il mio barometro interno trova in martedì 30 gennaio la giornata ideale per riprovare veramente a dare sfogo ad ogni forma di tensione. E' il giorno giusto per sciare, per sentire la lamina incidere la neve. E mettere a terra pensieri, tensioni e sovraccarichi.
Giornata splendida, neve ottima. Davanti a me il Gran Sasso. Scelta non casuale, il posto più dolomitico dell'appennino. E poca gente. Le premesse erano ottime, l'umore... beh, dipendeva da me. Io ce la volevo mettere tutta.
Si inizia. Prima pista, si scia con calma, si entra in contatto con l'ambiente, ci si acclimata (sono pur sempre 2100m slm), ma sento che qualcosa dentro me non va. Forzo la mano, vado avanti. Carambolo. Capita, dopo un inizio stagione sui sassi, forse non sono più abituato a trovarmi neve vera sotto gli sci. Riprendo il giusto umore, la neve è ottima, neanche tanto rovinata, si scia bene. Mi riscaldo su un po' di piste facili, vedo che le piste più agonistiche purtroppo non sono battute e quindi le metto fuori considerazione. Però c'è sempre la scindarella aperta, che mi ha sempre emozionato, la mia alleata a scaricare ogni grammo di tensione. Non questa volta. Parto tranquillo, non voglio forzare, non mi va di fare il discesone. Ma le gambe non ci stanno, non mi vanno di lamina, cerco di fare un serpeggio largo per fermarmi, ma laggiù non mi ascoltano, lo sci va di piatto. Scivola via il primo. Vado a terra rotolando verso valle gambe all'aria. Mi prende un po' la paura. Cerco di capire, recupero gli sci staccatisi durante la caduta, mi rimetto in pista. Ancora più cauto torno giù e riprendo a fare le piste più semplici. Devo capire, è lo sci? Gli scarponi? Un blocco di neve sotto gli attacchi? No, tutto regolare. Mi lancio allora dritto per il canalone, alla fine so che non è troppo rischioso. Cerco di condurre lo sci. Vado dritto. Non forzo, cerco di sfruttare la gravità per non ricadere. Inizio a capire che c'è qualcosa che non va, e non è l'attrezzatura.
Mi concentro, le gambe ci sono, scio in modo divino, faccio le righe alla pista, sento che la tensione si scioglie, si scarica attraverso le lamine. Faccio carving stretto, la lamina va giù profonda, la fine dela pista è vicina. Uovo, mi accuccio. Così voglio sciare. Così.
C'è, la grinta c'è, forse ci siamo, c'è lo sblocco, ma prima di riprovare voglio scaldarmi ancora un po', divertirmi sul muro. Scendo regolare. Voglio forzare di nuovo la mano. Seggiovia, mi sento quasi un novizio che affronta per la prima volta una bella pista. Mentre la fune mi porta su, mi studio la pista, cerco di capire dove e perchè prima ho sbagliato. Voglio rifare quella pista come l'ho sempre fatta. Senza paura. Arrivo su. Una sistemata al casco, agli occhiali, scarponi e sci a posto. Via. Ce la faccio, ce la sto facendo, sto scaricando. Forzo un po' la discesa, ma... lo sci fa come prima. Anche l'altro non mi da retta. Le gambe sono ognuna per i fatti loro. Le forzo, ci provo, ma loro non mi ascoltano. Cerco di traversare per andare in contropendenza, almeno mi fermo. Carambolo veramente male fuori pista. Adesso ho veramente paura. Non la paura del principiante o della pista difficile. La paura di farmi male, perchè è il mio corpo che non riesce a tutelarsi.
Basta. Mi rimetto sugli sci, e tiro avanti fino alle 15, più per il desiderio di riuscire almeno a completare la giornata più che per il piacere di sciare. La mia passione.
Vado via, mi rimetto in strada, ma non sono soddisfatto. Stanco, un po' afflitto, impaurito e completamente giù d'umore. Non voglio sciare così. Non è questa la mia passione.
I giorni successivi sono altalenanti. Alti e bassi, ma stavolta sono più gli alti che i bassi. Il sonno è un po' agitato, ma il piccolo chimico inizia a darmi una mano. E l'aiuto va oltre la notte. Il giorno, nonostante un costante iniziale stordimento, alzarsi è quasi una tragedia, diventa una bella sfida. Ho voglia di fare, grinta. Si, riecco emergere il Giovanni multitasking. Mi rimettoa seguire conferenze stampa, mi rivedo con un po' di colleghi. Mi sento bene, sento tornare l'energia. Quindi ci sta bene un finesettimana sulla neve? Ci riproviamo? Mi vendico del martedì maledetto? No... sgrunf... piove. Gli sci rimangono in attesa, e il lunedì si torna a lavoro. Il mio lavoro, quello ufficiale, e i miei progetti. Che crescono, assumono una forma definitiva, mi impegnano ben oltre gli orari a due cifre. E' vero, accumulo stanchezza, dormo poco, ma non sento un grande peso addosso, ho voglia di fare, al lavoro sono sereno, riesco a concentrarmi e a stare dietro ad ogni impegno. Unica pecca, un latente malditesta che ogni tanto si fa vivo. Ma è il tempo, lo so, è così da sempre e così sarà sempre. Nel frattempo accade quel che accade, Catania, i Di.Co., l'eversione interna che torna a preoccupare, un mondo che non si sa che voglia fare del suo futuro. Ma io sono parte di questo mondo? Oppure è questo mondo che non fa parte di me? Guardo avanti, c'è un futuro da costruire e in cui credere. Nel quale e per il quale sto lavorando. E adesso ce la sto mettendo tutta.
Soltanto in questi due ultimi giorni, forse per il sonno un po' arretrato da troppi giorni e, paradossalmente, per aver allentato un po' la pressione su alcuni progetti, oramai giunti a termine, sono riprese alcune leggere sensazioni di ansia, in particolar modo di mattina, durante il viaggio verso Palazzo o nel tardo pomeriggio, istigato forse anche da un remoto desiderio di fuggire a casa. Mentre stranamente sono rimasto sereno e per nulla agitato durante le pressanti domande da parte degli ispettori Inpgi. Anche perchè io il mio l'ho sempre fatto e quel che dovevo l'ho pagato, non avevo nulla da nascondere o da giustificare.
Giornata quella odierna di delirio. Voglio scappare a casa, ma a domani... sarà una giornata epica. Spero che possa esistere ancora un weekend.
E' nuovamente tornato a ronzare tra i miei neuroni il desiderio di cambiare lavoro. Scelta fatta con la testa che non ha pienamente soddisfatto il cuore. Solo lui riesce a farmi vedere un po' di luce.
Devo essere sincero, la sera di venerdì mi ha colto particolarmente stanco. Dopo tre giorni di lavoro abbastanza pieni e con la previsione di un post weekend da delirio, serpeggiava dentro di me il pensiero malsano di un fine settimana da trascorrere sicuramente sballato nelle sue previsioni. E per giunta, di testa mia, per vedere che succedeva, nonostante il medico mi avesse prescritto di non interrompere la cura, avevo sospeso la pasticchetta serale.
E infatti già sabato mattina le cose mettono male, i due/tre impegni da fare saltano inesorabilmente unoa ad uno, senza appello e senza possibilità di rimediare. Amen, non ne faccio un dramma anche se le sto rimandando da fin troppo tempo. Mi riprogrammo il pomeriggio, mentre nel frattempo si inserisce come un fulmine a ciel sereno un modem/router capitato nelle mani sbagliate. Ok, almeno per la serata ho una certezza. Decido quindi di soddisfare il desiderio materno di fare un giro in centro e di cercare un negozio che ha in vendita quelle benedette polveri per la terza cottura. Quest'hobby per la ceramica la impegna, ma a volte la fa diventare paranoica.
Ne approfittiamo e ci incontriamo che con gli zii, ci si fa due chiacchiere, qualche pettegolezzo, una bella passeggiatona e il tempo vola in fretta.
Piccola nota di margine, a Roma la Nespresso ha fatto un successone, c'era la fila al negozio di San Lorenzo in Lucina. Rassegnati e senza cialde si torna a casa, mi aspettano per trasferirci in zona operazione. Ho un bel modem/router che mi aspetta, tutto caldo e tutto wireless. Quattro chiacchiere, una cena veloce e inizia l'impari lotta tra l'uomo e il computer, tra l'intelligenza umana e la deficenza digitale.
Il risultato finale neanche ve lo dico, è quasi scontato, anzi... sotto un certo aspetto ho messo in rete una tripletta, accesso, routing interno lan e w-lan e per finire condivisione file e stampanti.
Stanco e ad ora tarda rientro a casa. Incerto e convinto che la mattina dopo avrei affrontato un'altra sfida. La VERA sfida della settimana. Torno in pista, ma questa volta per essere protagonista. Si va a Roccarso, non mi interessano le ore di viaggio, la strada di montagna, la difficoltà di parcheggio. Voglio riaffrontare la pista, ma stavolta in modo serio.
Il programma della giornata prevederebbe la partenza alle ore 7. Col piffero!!! Alle 7 sono ancora sonnecchiante nel letto e getto uno sguardo fuori dalla finestra. A Roma il cielo è uggioso e il mio termobarometro interno, mi da il tempo molto instabile. Mia madre tenta in ogni modo di farmi desistere, ma sento crescere la convinzione in me che sarà una grande giornata. Mi alzo, mi preparo in tenuta da sci (l'omino della Michelin...), rimetto nella sacca gli sci dopo avergli dato una rapida sciolinata a freddo e via. Alle 8,10, con il navigatore puntato verso l'Aremogna, inizia il viaggio. Autostrada tranquilla, anzi, durante il viaggio aumenta la voglia di sci e un leggero sole che fa capolino tra le nuvole mi incoraggia ulteriormente.
FInalmente a destinazione. Non è la neve degli anni scorsi, ma la situazione non è malaccio. Ok, preparazione, scarponi, guanti, casco. Pronti, si fa il giornaliero, sci ai piedi e si comincia.
Le gambe ci sono. Devono un po' scaldarsi, riabituarsi alla neve, ma ci stanno, reagiscono. La paura iniziale che mi aveva accompagnato la volta scorsa si dissolve.
Inizio a ristudiarmi le piste, a scegliere i percorsi. Voglio rifarmi subito la 7, una bella pista lunga, nel bosco, con curve e cambi di pendenza. Sarà il mio banco di prova. E per arrivarci un po' di skilift ci sta bene. Nel silenzio, trainato da una fune, sentire lo sci che scivola sulla neve, immersi nel silenzio e nella tranquillità, mi da euforia. Sto bene. Benissimo. Un crescendo di emozioni e di concentrazione. Neanche stessi facendo una finale di slalom gigante.
Arrivo in cima, lascio il piattello e mi guardo gli sci... le punte puntano (wow... ) dritte verso la discesa. Vado. Ed è un susseguirsi di evoluzioni, provo lo scodizolo, gamba e lamina stanno sulla neve, è quasi perfetto. Forzo con un po' di carving largo andando pian piano a stringere. Scivolo perfettamente, incollato alla pista e tenendo in maniera impeccabile la curva, dossetti e un po' di ghiaccio vengono perfettamente ammortizzate dalle ginocchia. Cambio stile, scendo classico, serpeggio largo, nessun problema. Traversone prima di un piccolo muro, ne esco in perfetta traettoria per mettermi ad uovo. Non un errore, non un'incertezza.
Sono tornato veramente in pista e mi rendo conto che per tutta la giornata, non ce ne sarà per nessuno.
Sono pronto per tutte le piste.
Risalgo, decido di farmi il prato e la esse. Piste mai provate ma che mi hanno sempre incuriosito. Vado giù perfetto, scuole sci permettendo. Risalgo su e decido di tornare verso la Valleverde. Non sapevo che fosse aperta solo la azzurra laterale, mentre il canalone era chiuso. Ma già farsi dal Pratello a piedi con gli sci in spalla non è stato entusiasmante. Opto per il fuori pista, in fin dei conti, a parte il muro iniziale, il resto, è quasi in piano. Ma mica è vero. Non essendo battuta, alla fine è stato un fuori pista inaspettato, nel quale ho dato giù anche con qualche principio di freestyle, e tutta neve fresca.
Da qui in poi, un susseguirsi di salite e ridiscese, con la grinta e quella gioia che lo sci mi da. Stavo bene, rinato, nel mio ambiente naturale, sereno e grintoso.
Pista, te me provochi e io me te scio...
Verso le 14 iniziano a montare nuvole e a scendere una leggera neve. A dire il vero, anche nella mattinata ogni tanto scendeva qualche rado fiocco che faceva tanto atmosfera. Inizio a ragionare sul da farsi, preferisco tenermi a portata della pista di rientro. Non mi preoccupano tanto nebbia e neve, quanto la scarsa visibilità che potrebbero provocare. Inizia a fare dei bei fiocchi grandi e con una rapida valutazione preferisco verso le 15 di dare termine alla giornata.
Però devo farlo alla grande.
Seggiovia, breve collegamento non battuto, e per il rientro mi dedico alla pista che usano per gli allenamenti. Inimmaginabile la neve che scendeva, ed io per giunta contro vento. Arrivo al parcheggio quasi una maschera. Tra il casco e gli occhialoni da sci uno strato di neve a congelarmi la fronte, mentre i baffetti tutti innevati e bianchi mi rassomigliavano a Messner sul K2, e la tuta con mucchietti di neve tra le pieghe e su tutta la pettorina.
Ed io euforico.
Peccato dover andare via. Mi risistemo, ripongo tutto in macchina, la lascio scaldare un po' e sotto una fitta nevicata, che mano a mano che scendevo a valle si trasformava in pioggia, riprendo la strada per Roma. Telepass, autostrada e via, sotto un bell'acquazzone.
Con il ricordo probabilmente della più bella sciata di questa stagione. Forse anche l'ultima... anche se spero di no.
Nel frattempo è ricominciata la settimana, con queste prime due giornate veramente stancanti. Da domani, forse, si lavora più rilassati.
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