Le Pale di San Martino, nuvole permettendo, viste dall'arrivo della cabinovia per l'Alpe Tognola.
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Un anno di Briciola...
So già che non susciterò una guerra, non sono così letto da poter diventare pioniere o promotore di chissà quale campagna moralizzatrice. Però voglio dire quel che penso, in quanto comunque tocca direttamente la mia professione e i miei interessi.
La proposta odierna di Capezzone è l'ennesima conferma del mondo anarchico-radicale che rappresenta. Il cercare in ogni modo l'abolizione dell'ordine dei giornalisti (poi perchè solo dei giornalisti) è per loro quasi un motivo di vita per poter sfuggire così ad ogni tipo di "controllo" e di moderazione delle loro fantasie politiche.
Poi si chiedono e si lamentano in continuazione del fatto che vengono tagliati fuori da ogni forma di comunicazione mediatica.
Ma veniamo nello specifico. L'ordine dei giornalisti rappresenta, come ogni altro ordine professionale, una forma di garanzia e tutela sia per il professionista lavoratore iscritto all'albo, che per l'utente finale, poichè il rispetto di determinate norme e codici deontologici, può garantire la fruizione di una corretta informazione. Nel rispetto ovviamente delle idee politiche e personali.
La proposta presentata oggi, prevede si l'abolizione dell'ordine, ma allo stesso tempo la creazione di una specie di "anagrafe" giornalistica, sotto le dirette dipendenze e controllo del Ministero della Comunicazione. Passando così la professionalità giornalistica da una forma di autonomia garantista, sotto il controllo diretto dello stesso esecutivo. La "carta d'identità" professionale rilasciata successivamente, verrebbe così concessa unicamente al giornalista compiacente, rischiando di lasciare senza lavoro e con un forte bavaglio istituzionale, chi invece ha il coraggio di osservare e intervenire nel rispetto delle regole contro delle realtà e delle situazioni non di comodo, senza giungere a compromessi di potere.
Guarda caso la storia insegna che le grandi, ma anche le piccole dittature, hanno sempre abolito ogni forma di autogoverno e autocontrollo professionale, soprattutto nei settori di maggiore impatto sulla gente, per potersi garantire ed esercitare così un controllo totale sul mondo economico e sociale.
Invece la presenza dell'ordine garantisce nella sua autonomia questo, la libertà per il giornalista di compiere il suo lavoro, cioè informare, illustrare, spiegare e perchè no, anche scoprire. Ma soprattutto, l'ordine stesso garantisce che la notizia sia elaborata e fornita nella correttezza delle regole. Facendo un esempio banale, senza l'albo professionale, le migliaia di blogger sulla rete potrebbero sentirsi giornalisti senza averne titolo o ancor peggio, capacità. Offrendo così una informazione errata, distorta, manipolata e quindi falsata in ogni suo angolo. E con la creazione della " Carta d'identità" professionale, si renderà possibile mettere un controllo quasi totale sul quarto e quinto potere.
Mussolini era un pivello in confronto...
Che dire, un salto nel futuro. Del silenzio mediatico e dell'anarchia della comunicazione. Prepariamoci ad un nuovo referendum.
Non è facile a distanza di 26 anni, parlare di una delle pagine più nere della storia d'Italia. Una strage di 85 cittadini innocenti sulla quale è sempre più difficile comprenderne la verità e i misteri che si nascondono dietro. Dopo ventisei anni, è ancora fitta la nebbia sulle reali responsabilità e sul movente della strage alla stazionedi Bologna.
Il 2 agosto 1980 era una giornata d'estate come tante, nel periodo delle grandi ferie italiane. La vita nella stazione di Bologna trascorreva nella più assoluta quotidianità, affollata di turisti e persone in partenza o di ritorno dalle vacanze, con i grandi treni nazionali e internazionali che caricavano e scaricavano passeggeri e turisti e i treni locali per la riviera romagnola che si affollavano di amanti del mare.
Alle ore 10,25 una bomba composta da una miscela di tritolo e T4 esplose con una potente deflagrazione nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione, investendo tutto ciò che si trovava nelle vicinanze e provocando il crollo delle strutture delle sale d'aspetto di prima e seconda classe, dei sovrastanti uffici e travolgendo il primo binario con i treni in sosta.
Lo scoppio dissolse in un istante i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere. Dopo alcuni lunghissimi secondi di silenzio irreale, si mise in moto immediatamente una gigantesca macchina di soccorso e assistenza per le vittime, i sopravvissuti e i loro parenti.
Simbolo della tragedia divenne, oltre allo squarcio nella sala d'aspetto della stazione, il bus numero 37 trasformato in un carro funebre, a bordo del quale vennero ricomposti i primi corpi estratti dalle macerie ed che iniziò una drammatica spola tra il luogo della strage e gli ospedali.
L'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, giunto nel pomeriggio a Bologna, incontrando i giornalisti non nascose lo sgomento rilasciando solo una secca dichiarazione "Signori, non ho parole, siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia".
Dietro quel massacro, nel quale rimasero uccise 85 persone, è ancora scontro tra storici, esperti e politici.
Fu un atto di terrorismo interno legato all'eversione e allo stragismo politico, un'azione di forza da parte dell'organizzazione terroristica internazionale del gruppo Carlos, o come invece ha sostenuto di recente Cossiga, all'epoca presidente del Consiglio, fu una ritorsione nei confronti dell'Italia da parte del Fronte Popolare palestinese di Habbas, riguardo particolari accordi segreti non rispettati tra il governo italiano e la resistenza palestinese.
La Lapide e lo spacco nella sala di aspetto.
Foto presa dalla rete.
E cosa c'è di vero riguardo la grande ombra della Cia, che attraverso la P2 avrebbe depistato le indagini e coperto gli esecutori della strage con la complicità dei servizi segreti deviati.
Fattore comune di tutte queste indagini è uno solo. Ottantacinque vite spezzate, più di 200 persone che portano sul proprio corpo o dentro di se il ricordo di questa tragedia. La mancanza di un movente specifico e nessun colpevole. Un fitto mistero che lascia un enorme vuoto nel desiderio di giustizia di chi da quella mattina del 2 agosto 1980 ha visto sconvolta la propria vita.
Si ringrazia www.stragi.it per le notizie
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