Fine settimana stranissimo. O meglio, totalmente nella norma, avvolto dalla noia e da molto fastidio.
Ultimamente sto pensando molto, troppo, con ragionamenti fuggevoli che il più delle volte non rimangono impressi ne su carta ne sul blog. Volano via, spazzati come fogli al vento e dispersi nell'oblio.
Ok, credo di stare già a iniziare a degenerare con le mie riflessioni, cerchiamo di tornare sulla terra.
A volte mi sento autobiografico, racconto sul mio blog passo passo ogni cosa che faccio, le mie giornate e i loro accadimenti. Beh, se non altro in futuro nessuno potrà dare adito ad interpretazioni o coinvolgermi in quale vallettopoli... Anche perchè per prima cosa le vallette bisognerebbe conoscerle.
Vabbè, prima di rischiare il linciaggio, iniziamo a parlare un po' di questi giorni passati, un sabato a sciare sulla granita e una domenica a poltrire senza sapere realmente cosa stessi facendo.
Non scio da due settimane e sto scassando i maroni a tutti su questa cosa. E' quindi naturale che alla prima occasione che gli si presenta uno inforca gli sci e si butta sulla neve. E per due settimane il desiderio è stato quello, sabato mattina invece non mi volevo alzare. Me la son preso talmente comoda che alla fine sono arrivato sulle piste alle 11.45. Come dire, pronto a pranzare sulla neve.
Proprio per comodità ho scelto Campo Imperatore, volevo poca gente, parcheggio facile, silenzio e natura. E così è stato, anche se la neve non era il massimo. Era molto farinosa, a tratti veniva fuori il ghiaccio e lo strato di permafrost, in fondo alle piste c'erano anche le pozzanghere (non immaginavo funzionassero così bene da freno) però, comunque sciabile.
L'unico pensiero della giornata era quello di stare bene, e alla fine posso dire che sia stato così. Aria pura, testa sgombra da pensieri, gambe reattive, anche se infastidite da un fondo molto spesso troppo eterogeneo. All'ennesimo tuffo di mezzo pomeriggio, decido di tornarmene a casa, anche perchè la vecchia distorsione al ginocchio iniziava a farsi risentire.
La serata devo essere sincero neanche la ricordo, probabilmente offuscata da riflessioni e da qualche discussione.
La domenica lavorativa invece è stata uno stillicidio di noia. Una rassegna stampa abbastanza noiosa, poi la notizia della liberazione di Mastrogiacomo che mi terrà in allerta tutta la giornata. Giornata passata al pc, sulla mia poltrona, a fare la muffa. Nel mentre che qualcuna si abbuffava pantagruelicamente in giro per agriturismi.
Ho veramente tirato con i denti fino alla fine della giornata, che ho concluso pensando ad un po' di cose mie e a chiacchierare del più e del meno con chi mi capitava on-line.
E' proprio vero che riposare stanca. Già sento fomentare dentro me il desiderio di vacanze, trekking, passeggiate, aria pulita. Fare una vita diversa, che non sia la solita trascorsa "chiuso in ufficio". Perchè io sono come le mie idee, vivo, reattivo, indipendente e soprattutto, estroso.
Stringiamo i denti (in considerazione anche di quello che mi aspetta nei prossimi giorni. Se non esplodo prima... sento il punto 3 del post del 15 marzo nuovamente troppo vicino).
Il 16 marzo 1978, si apriva uno dei capitoli più bui della storia della nostra Repubblica, un capitolo che ancora oggi rimane senza una conclusione nonostante il drammatico epilogo della vicenda.
Alle 9,15 di 29 anni fa in un agguato terroristico delle Brigate Rosse in via Fani, veniva sequestrato il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro e brutalmente assassinati gli uomini della sua scorta Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.
Iniziano quei 55 giorni più misteriosi dell’intera storia dell’Italia repubblicana. Ancora oggi, il caso Moro rappresenta un intricato tunnel di segreti e interrogativi, di domande senza risposta e di inconfessabili trame. Il giorno del rapimento lo statista DC si stava infatti recando in Parlamento per partecipare alla fiducia del nuovo governo Andreotti, un esecutivo di larghe intese costituito con l'appoggio e l'ingresso del PCI nella maggioranza programmatica e parlamentare, la concretizzazione di un lungo lavoro per realizzare quel "compromesso storico" promosso, caldeggiato e ampiamente favorito da Moro stesso.
Il gruppo armato s’impadronisce di Moro affermando di volerlo interrogare per processare tutta la Democrazia Cristiana e il sistema stesso dello Stato. Lancia un vero e proprio segnale di guerra, forse addirittura non rendendosi conto di aver gettato invece ulla scena politica nazionale una bomba ad alto potenziale.
Foto presa dalla rete
Per tutti 55 giorni in cui Moro sarà detenuto in un "carcere del popolo" i media e l'opinione pubblica italiana, europea e mondiale seguirono col fiato sospeso la vicenda, mentre il "processo del popolo" a cui verrà sottoposto lo statista aprirà invece una serie di enormi contraddizioni all'interno sia del suo stesso partito che dell’intera classe politica italiana. Per i brigatisti l'intera vicenda avrà un effetto distruttivo dal punto di vista della comunicazione e della "lotta" che intendevano promuovere, finendo col dimostrarsi con i loro documenti miopi e vetusti completamente avulsi dalla realtà storica del paese.
Ma la sorte di Aldo Moro, vivo o morto, interessava a molte, fin troppe persone. Si mobilitarono personaggi politici di ogni Paese, lo stesso Papa Paolo VI, interessi sul destino di Moro giunsero anche dalla Massoneria e dai Servizi Segreti. Si interessò addirittura Cosa Nostra: invano.
Con i vari ultimatum i Brigatisti volevano arrivare adottenere il riconoscimento politico del loro movimento e la liberazione dei brigatisti sotto processo a Torino. Partito Comunista e Democrazia Cristiana si coalizzarono duramente nel partito della "fermezza", rifiutando ogni compromesso, il PSI era invece per la trattativa.
I giorni passarono. Aldo Moro, con le sue lettere alla famiglia, ai suoi più cari amici personali e politici, persino al Papa, lanciava chiari segnali. Di quello che sarebbe stato dopo di lui, di quello che doveva essere fatto qualunque sia la sua sorte. Lettere piene di presagi e accuse, a volte anche molto dure, nei confronti di un panorama politico che lo sta abbandonando al suo destino con cinismo, un sistema che aveva paura tanto di un Moro vivo, quanto di un Moro morto.
Il 9 maggio, dopo 55 giorni di prigionia, Aldo Moro viene ucciso. E' nella memoria collettiva di tutti l'immagine del suo corpo esanime accasciato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa posta emblematicamente a metà strada tra Piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure, tra la sede della DC e quella del PCI.
Foto presa dalla rete
Quel colpo di pistola guidato da chissà quale mano, che lo ha privato agli affetti dei suoi più cari, riecheggia ancora oggi nelle coscenze di chi all'epoca poteva e non voleva, voleva ma non poteva.
Ai funerali, celebrati da Papa Paolo VI furono presenti schierati tutti i partiti ma non la famiglia, in polemica con "la fermezza" di aver escluso degli spiragli per trattare la vita del loro congiunto.
Sono sempre più convinto che a breve farò quello che da un po' mi frulla per la testolina. Devo solo decidere come e le tempistiche, ma rileggendo alcuni post scritti nei mesi scorsi, mi meraviglio io stesso della lucidità mentale e di analisi che ero capace di mettere in pratica.
Mi sono un po' troppo offuscato, forse a cercare il bandolo della matassa ho perso di vista la realtà che mi circonda.
Forse è tornata veramente l'ora di riavviare il cervello. Format c:\ e reinstalliamo tutto daccapo.
P.S. non pigliatemi per matto se ieri pensavo una cosa e oggi ne dico un'altra, ma è proprio vero che molte volte guardarsi dietro, il passato, fa veramente bene.
Ritiro fuori un po' di fondamenti di fisica... se mi ricordo bene le formule.
L'ho sempre detto che sono contorto mentalmente, ma nel caso specifico, voglio applicare su me stesso la formula Hook, analisi fisica della quale sto vivendo in questo momento probabilmente il culmine del momento torcente...
Post edit del 19 marzo: La formula può essere applicata sia nella globalità della propria vita, che utilizzata singolarmente per analizzare ogni singolo accadimento. Nel mio caso, preferisco la seconda soluzione, cioè il particolare periodo che sto attraversando. Non me la sento di metterla in relazione alla mia vita per intero.
Veniamo in dettaglio:
La deformazione che può subire un corpo, in questo caso astratto, ma pur sempre io, sottoposto a sforzo, ha un andamento come quello mostrato nel grafico.
Mi sento tanto come un tondino di acciaio in torsione.
Il grafico è lineare fino al punto 1, dove il corpo mantiene caratteristiche elastiche, si deforma sotto l’azione delle forze esterne, nel caso specifico situazioni o eventi che mi accadono attorno e mi coinvolgono, al cessare delle quali il corpo/me riprende la configurazione primitiva, ritornando quindi nella situazione di tranquillità e serenità. Sottoposto ad uno sforzo maggiore, nella curva compresa tra il punto 1 e il punto 2, detta di deformazione plastica, si arriva ad un livello che si può considerare un punto di non ritorno, in quanto, anche se viene eliminato lo sforzo applicato, quindi svaniscono le situazioni o gli eventi scatenanti, il corpo/me, non ritorna al proprio stato iniziale in quanto è intervenuta una forza superiore all'elasticità che va a mutare quindi anche il mio carattere e quelle che sono i miei rapporti interpersonali. Una mutazione generale, che è rappresentata dall'apatia e dalla stanchezza, somatizzazione del malumore e dei disagi. Applicando uno sforzo ancora maggiore, quindi venendo a coesistere tutta una serie di eventi che acutizzano stress e disagio, si arriva agevolmente al punto 3, il carico di rottura, subendo il quale il corpo/me, si rompe.
Va in frantumi tutto, ed eccomi che finisco nuovamente al Pronto Soccorso.
Stringo i denti, ma la lettera alla fine è stata riscritta ed è tornata nel cassetto in attesa di un suo utilizzo.
Devo solo decidere cosa fare prima, se finire di nuovo al Pronto Soccorso, o consegnarla accettando l'ennesima sconfitta e rinunciando a molte cose.
Ardua sentenza.
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